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450
© 2008 ESC
Tradotto da Management
of acute myocardial
infarction in patients
presenting with
persistent ST-segment
elevation. Eur Heart J
2008; 29: 2909-45.
Parole chiave:
Cardiopatia ischemica;
Infarto miocardico acuto;
Prevenzione secondaria;
Sopraslivellamento
del tratto ST;
Terapia di riperfusione.
Trattamento dell’infarto miocardico acuto
nei pazienti con sopraslivellamento persistente
del tratto ST alla presentazione
Task Force per il Trattamento dell’Infarto Miocardico Acuto con
Sopraslivellamento del Tratto ST della Società Europea di Cardiologia
Autori/Membri della Task Force
Frans Van de Werf (Chairperson) (Belgio), Jeroen Bax (Olanda), Amadeo Betriu (Spagna),
Carina Blomstrom-Lundqvist (Svezia), Filippo Crea (Italia), Volkmar Falk (Germania),
Gerasimos Filippatos (Grecia), Keith Fox (UK), Kurt Huber (Austria),
Adnan Kastrati (Germania), Annika Rosengren (Svezia), P. Gabriel Steg (Francia),
Marco Tubaro (Italia), Freek Verheugt (Olanda), Franz Weidinger (Austria),
Michael Weis (Germania)
Commissione per le Linee Guida Pratiche (CPG) della Società Europea di Cardiologia
Alec Vahanian (Chairperson) (Francia), John Camm (UK), Raffaele De Caterina (Italia), Veronica Dean (Francia),
Kenneth Dickstein (Norvegia), Gerasimos Filippatos (Grecia), Christian Funck-Brentano (Francia),
Irene Hellemans (Olanda), Steen Dalby Kristensen (Danimarca), Keith McGregor (Francia),
Udo Sechtem (Germania), Sigmund Silber (Germania), Michal Tendera (Polonia), Petr Widimsky (Repubblica Ceca),
José Luis Zamorano (Spagna)
Revisori del Documento
Sigmund Silber (Coordinatore CPG) (Germania), Frank V. Aguirre (USA), Nawwar Al-Attar (Francia),
Eduardo Alegria (Spagna), Felicita Andreotti (Italia), Werner Benzer (Austria), Ole Breithardt (Germania),
Nicholas Danchin (Francia), Carlo Di Mario (UK), Dariusz Dudek (Polonia), Dietrich Gulba (Germania),
Sigrun Halvorsen (Norvegia), Philipp Kaufmann (Svizzera), Ran Kornowski (Israele), Gregory Y.H. Lip (UK),
Frans Rutten (Olanda)
(G Ital Cardiol 2009; 10 (7): 450-489)
LINEE GUIDA
A. Prefazione ..................................................... 451
B. Introduzione.................................................. 452
1. Definizione di infarto miocardico acuto.. 452
2. Patogenesi dell’infarto miocardico acuto
con sopraslivellamento del tratto ST ....... 452
3. Storia naturale dell’infarto miocardico
con sopraslivellamento del tratto ST ....... 453
C. Primo contatto medico e percorso delle
cure d’emergenza ......................................... 453
1. Diagnosi iniziale e stratificazione precoce
del rischio................................................... 453
2. Alleviare il dolore, la dispnea e l’ansia .... 455
3. Arresto cardiaco ........................................ 455
D. Cure preospedaliere o nelle prime fasi
del ricovero.................................................... 455
1. Ripristino del flusso coronarico e
riperfusione del tessuto miocardico......... 455
a. Procedure coronariche percutanee...... 456
b. Trattamento fibrinolitico...................... 459
c. Terapia antitrombotica senza terapia
di riperfusione....................................... 463
d. Prevenzione e trattamento
dell’ostruzione microvascolare e
danno da riperfusione .......................... 463
e. Bypass aortocoronarico ........................ 464
2. Insufficienza di pompa e shock................ 464
a. Caratteristiche cliniche ......................... 464
b. Scompenso cardiaco lieve (classe Killip II) 464
c. Scompenso cardiaco grave e shock
(classe Killip III e IV)............................... 465
3. Complicanze meccaniche: rottura di cuore
ed insufficienza mitralica.......................... 466
a. Rottura di cuore .................................... 466
b. Insufficienza mitralica........................... 466
4. Aritmie e disturbi della conduzione in
fase acuta................................................... 467
a. Aritmie ventricolari............................... 467
b. Aritmie sopraventricolari...................... 468
c. Bradicardia sinusale e blocco cardiaco 468
5. Terapie profilattiche di routine in
fase acuta................................................... 469
a. Farmaci antitrombotici: aspirina,
clopidogrel e antitrombinici................. 469
b. Farmaci antiaritmici .............................. 469
c. Betabloccanti......................................... 469
d. Nitrati..................................................... 469
e. Calcioantagonisti .................................. 469
f. Inibitori dell’enzima di conversione
dell’angiotensina e antagonisti
recettoriali dell’angiotensina ............... 469
g. Magnesio............................................... 470
h. Glucosio-insulina-potassio.................... 470
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dico nella scelta della migliore strategia per ciascun paziente,
affetto da una determinata patologia, tenendo in considera-
zione non solo l’impatto sull’outcome ma anche il rapporto ri-
schio-beneficio connesso ad una particolare procedura dia-
gnostica o terapeutica. Le linee guida non sono da intendersi
sostitutive dei manuali. Le implicazioni legali delle linee gui-
da cliniche sono state discusse in precedenza.
Negli ultimi anni la Società Europea di Cardiologia (ESC) e
diverse organizzazioni e società scientifiche hanno emanato
numerose linee guida e documenti di consenso. In considera-
zione del loro impatto sulla pratica clinica, sono stati definiti
alcuni criteri di qualità per la realizzazione delle linee guida
affinché queste risultassero chiare a quanti ne usufruiscono.
Le raccomandazioni per la stesura e l’emissione delle linee
guida ESC e dei documenti di consenso sono disponibili sul si-
to web dell’ESC (www.escardio.org/knowledge/guidelines/
rules).
Brevemente, gli esperti prescelti compiono un’approfon-
dita rassegna della letteratura disponibile, escludendo i risul-
tati degli studi clinici non ancora pubblicati, per una disamina
critica delle procedure terapeutiche e diagnostiche e per una
valutazione del rapporto rischio-beneficio associato alle tera-
pie raccomandate per il trattamento e/o la prevenzione di
una determinata condizione clinica. Laddove i dati siano di-
sponibili, sono incluse anche le stime degli outcome attesi in
popolazioni di ampie dimensioni. I livelli di evidenza e la for-
za della raccomandazione a favore o contro un particolare
trattamento sono soppesati e classificati sulla base di scale
predefinite, come riportato nelle Tabelle 1 e 2.
Gli esperti incaricati della stesura delle linee guida devo-
no fornire dichiarazioni su ogni loro rapporto che possa rap-
presentare un reale o potenziale conflitto di interesse. Que-
Linee guida ESC per il trattamento dei pazienti con STEMI
451
6. Trattamento di particolari tipi di infarto ..... 470
a. Infarto del ventricolo destro ................ 470
b. Infarto miocardico in pazienti diabetici 470
c. Pazienti con disfunzione renale........... 471
E. Gestione della fase tardiva del decorso
intraospedaliero ............................................ 471
1. Deambulazione ......................................... 471
2. Trattamento di particolari complicanze
intraospedaliere ........................................ 471
a. Trombosi venosa profonda ed embolia
polmonare ............................................. 471
b. Trombi intraventricolari ed embolia
sistemica ................................................ 471
c. Pericardite ............................................. 471
d. Aritmie ventricolari tardive.................. 471
e. Angina postinfartuale e ischemia ........ 472
F. Valutazione del rischio.................................. 472
1. Indicazioni e tempistica ............................ 472
2. Valutazione del miocardio vitale ............. 472
3. Valutazione del rischio di aritmie per la
prevenzione della morte improvvisa ....... 473
G. Riabilitazione e consulenza predimissione.. 473
1. Aspetti psicologici e socioeconomici........ 473
2. Consigli sullo stile di vita .......................... 473
3. Attività fisica.............................................. 473
H. Prevenzione secondaria ................................ 474
1. Cessazione del fumo............................. 474
2. Dieta, supplementazioni dietetiche
e controllo del peso.............................. 475
3. Attività fisica ......................................... 476
4. Terapia antipiastrinica e anticoagulante 476
5. Betabloccanti ........................................ 476
6. Calcioantagonisti .................................. 477
7. Nitrati .................................................... 477
8. Inibitori dell’enzima di conversione
dell’angiotensina e antagonisti
recettoriali dell’angiotensina............... 477
9. Inibizione dell’aldosterone .................. 477
10. Controllo della pressione arteriosa ..... 477
11. Trattamento del diabete ...................... 477
12. Interventi sul profilo lipidico ............... 478
13. Vaccinazione anti-influenzale.............. 478
14. Terapia di resincronizzazione cardiaca 478
15. Impianto profilattico di cardioverter-
defibrillatore......................................... 478
I. Logistica delle cure........................................ 478
1. Cure preospedaliere.................................. 478
a. Ritardo dei pazienti .............................. 478
b. Sistema di emergenza medica.............. 479
c. Educazione del pubblico alla
rianimazione cardiopolmonare............ 479
d. Servizio di ambulanza........................... 479
e. Reti interospedaliere ............................ 479
f. Medici di medicina generale ................ 479
g. Procedure di ricovero............................ 479
2. Unità di terapia intensiva coronarica....... 479
a. Monitoraggio non invasivo .................. 479
b. Monitoraggio invasivo.......................... 480
3. Periodo post-dimissione............................ 480
J. Lacuna delle evidenze................................... 480
K. Procedure della Task Force ........................... 480
L. Bibliografia .................................................... 480
Lista degli acronimi
ACE = enzima di conversione dell’angiotensina
ACT = tempo di coagulazione attivato
aPTT = tempo di tromboplastina parziale attivato
ARB = antagonista recettoriale dell’angiotensina
CABG = bypass aortocoronarico
EBPM = eparina a basso peso molecolare
FA = fibrillazione atriale
FANS = farmaci antinfiammatori non steroidei
FE = frazione di eiezione
FV = fibrillazione ventricolare
GP = glicoproteina
HDL = lipoproteina ad alta densità
IC = intervallo di confidenza
ICD = cardioverter-defibrillatore impiantabile
INR = international normalized ratio
LDL = lipoproteina a bassa densità
MCI = morte cardiaca improvvisa
OR = odds ratio
PCI = procedura coronarica percutanea
STEMI = infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST
TIMI = thrombolysis in myocardial infarction
t-PA = attivatore tissutale del plasminogeno
TV = tachicardia ventricolare
UTIC = unità di terapia intensiva coronarica
A. Prefazione
Le linee guida ed i documenti di consenso degli esperti han-
no l’obiettivo di riassumere e valutare le evidenze disponibili
in merito ad una specifica materia al fine di coadiuvare il me-
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ste dichiarazioni sono conservate alla European Heart House,
quartiere generale dell’ESC. Qualsiasi variazione di conflitto
di interesse che si verifichi durante il periodo di stesura del do-
cumento deve essere notificata all’ESC. Il report della Task
Force è stato interamente finanziato dall’ESC, senza alcuna
compartecipazione dell’industria farmaceutica.
La Commissione ESC per le Linee Guida Pratiche supervi-
siona e coordina la preparazione di nuove linee guida e di do-
cumenti di consenso prodotti dalle Task Force, dai gruppi di
esperti e di consenso. La Commissione è altresì responsabile
dell’approvazione di queste linee guida e di questi documen-
ti. Una volta definito ed approvato da tutti gli esperti della
Task Force, il documento viene sottoposto per revisione a spe-
cialisti esterni. Il documento viene quindi revisionato e infine
approvato dalla Commissione per le Linee Guida Pratiche, e
viene successivamente pubblicato.
Dopo la pubblicazione, è di estrema importanza diffon-
derne il contenuto e, in tal senso, risulta utile la realizzazione
di versioni pocket e scaricabili. Alcune indagini hanno dimo-
strato che l’utente finale è spesso ignaro dell’esistenza delle
linee guida o più semplicemente non le mette in pratica. Si
rendono, pertanto, necessari dei programmi di attuazione,
che costituiscono una componente importante della diffusio-
ne delle raccomandazioni. Alcuni convegni organizzati dal-
l’ESC sono rivolti alle Società membri e agli opinion leader eu-
ropei. Similmente, tali convegni possono essere organizzati
anche a livello nazionale, una volta che le linee guida siano
state approvate dalle Società membri dell’ESC e tradotte in
lingua madre. I programmi di attuazione sono necessari in
quanto è stato dimostrato un miglioramento dell’outcome
ogniqualvolta le raccomandazioni delle linee guida sono sta-
te applicate nella pratica clinica.
Pertanto, il compito di redigere linee guida o documenti
di consenso prevede sia l’integrazione delle evidenze più re-
centi sia l’istituzione di mezzi formativi e di programmi di at-
tuazione delle raccomandazioni. La chiusura del cerchio com-
posto dalla ricerca clinica, la stesura delle linee guida e la loro
attuazione nella pratica clinica può ottenersi solo se siano or-
ganizzati studi e registri volti a verificare che la reale pratica
clinica sia in linea con quanto raccomandato dalle linee gui-
da. Tali studi e registri consentono altresì di valutare l’impat-
to di un’attuazione rigorosa delle linee guida sull’outcome
dei pazienti. Le linee guida e le raccomandazioni hanno lo
scopo di coadiuvare il medico nel suo quotidiano processo de-
cisionale, ma il giudizio finale in merito al trattamento più ap-
propriato per il paziente spetta comunque al medico curante.
Al fine di rendere questo documento di facile analisi ed
utilizzo per il medico, i risultati degli studi sui quali si basano
queste linee guida non vengono esaminati in dettaglio, spe-
cie quelli pubblicati ormai da tempo, per i quali si rimanda il
lettore ai relativi lavori riportati in bibliografia.
Si deve peraltro riconoscere che, anche quando vengano
condotti trial clinici di eccellenza, i loro risultati possono re-
stare aperti all’interpretazione e che le opzioni terapeutiche
possono risultare limitate dall’entità delle risorse disponibi-
li. La Task Force è consapevole del fatto che le indagini dia-
gnostiche e le strategie terapeutiche raccomandate possano
non essere disponibili od accessibili in tutti i paesi e che, an-
che per i paesi economicamente progrediti, la valutazione
del rapporto costo-efficacia sta assumendo un ruolo sempre
più importante nella scelta della strategia terapeutica da
adottare. Come avviene abitualmente per le linee guida,
queste non presentano un carattere prescrittivo. Inoltre, le
differenze fra i singoli pazienti sono tali per cui l’individua-
lizzazione della cura resta comunque fondamentale e viene
lasciato uno spazio rilevante al giudizio clinico, all’esperien-
za e al buon senso.
Rispetto alle linee guida del 2003, le variazioni più signifi-
cative introdotte in questo documento riguardano la terapia
antitrombotica e la scelta del tipo di riperfusione (meccanica
vs farmacologica).
B. Introduzione
1. Definizione di infarto miocardico acuto
L’infarto miocardico acuto può essere definito da numerose
prospettive differenti a seconda delle caratteristiche cliniche,
elettrocardiografiche, biochimiche o patologiche
1
. Queste li-
nee guida si riferiscono ai pazienti che manifestano una sin-
tomatologia ischemica alla presentazione e che mostrano un
sopraslivellamento persistente del tratto ST all’ECG. La mag-
gior parte di questi pazienti mostra anche un aumento tipico
dei marcatori biochimici di necrosi miocardica e tende a svi-
luppare un infarto miocardico acuto con onda Q. Una parti-
colare Task Force dell’ESC ha elaborato delle linee guida sepa-
rate
2
destinate alla gestione dei pazienti con sintomatologia
ischemica alla presentazione, ma senza evidenza di soprasli-
vellamento persistente del tratto ST.
2. Patogenesi dell’infarto miocardico acuto
con sopraslivellamento del tratto ST
La maggior parte dei casi di infarto miocardico con soprasli-
vellamento del tratto ST (STEMI) è provocata dall’ostruzione
di un’arteria coronaria principale. L’occlusione coronarica e la
riduzione del flusso sanguigno sono generalmente dovute al-
452
G Ital Cardiol Vol 10 Luglio 2009
Tabella 1. Classi delle raccomandazioni.
Classe I Evidenza e/o consenso generale che un determinato
trattamento o intervento sia vantaggioso, utile ed
efficace
Classe II Evidenza contrastante e/o divergenza di opinione
circa l’utilità/efficacia di un determinato trattamen-
to o intervento
Classe IIa Il peso dell’evidenza/opinione è a favore dell’utili-
tà/efficacia
Classe IIb L’utilità/efficacia risulta meno chiaramente stabilita
sulla base dell’evidenza/opinione
Classe III Evidenza o consenso generale che un determinato
trattamento o intervento non sia utile/efficace e che
in taluni casi possa essere dannoso
Tabella 2. Livelli di evidenza.
Livello di evidenza A Dati derivati da numerosi trial clinici ran-
domizzati o metanalisi
Livello di evidenza B Dati derivati da un singolo trial clinico ran-
domizzato o da ampi studi non randomiz-
zati
Livello di evidenza C Consenso degli esperti e/o studi di piccole
dimensioni, studi retrospettivi e registri
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la rottura di una placca aterosclerotica e alla susseguente for-
mazione di un trombo a cui può talvolta associarsi vasocostri-
zione coronarica e microembolizzazione. Più raramente, la
formazione trombotica può essere favorita dall’erosione su-
perficiale dell’endotelio.
Il rischio di rottura di una placca dipende dalla sua com-
posizione e vulnerabilità (tipo di placca), nonché dal grado di
stenosi (dimensioni della placca)
3
. Fino a tre quarti di tutti i
trombi correlati ad un infarto sembrano svilupparsi da plac-
che che causano solo una stenosi da lieve a moderata. Anche
i segmenti dell’albero coronarico che risultano angiografica-
mente normali spesso contengono un significativo carico ate-
rosclerotico; in particolare, le placche che si accompagnano a
rimodellamento positivo, o a “dilatazione compensatoria”,
possono presentare un cappuccio fibroso assottigliato ed es-
sere ricche di lipidi senza protrudere nel lume vasale
4
. Tutta-
via, stenosi gravi hanno la medesima probabilità delle steno-
si lievi di essere associate ad eventi di placca che conducono
ad un infarto
5
. Di solito, le conseguenze cliniche della rottura
di una placca si manifestano dopo un certo lasso di tempo (fi-
no a 2 settimane successive)
6
. L’infiammazione riveste un ruo-
lo preminente nell’instabilità di placca e, di conseguenza, nel-
la patogenesi delle sindromi coronariche acute. I livelli circo-
lanti dei marker infiammatori, come la proteina C-reattiva e
l’interleuchina-6, risultano correlati con il decorso clinico e l’e-
sito di una sindrome coronarica acuta
7-9
.
L’andamento circadiano dello STEMI, caratterizzato da un
picco nelle prime ore del mattino, è ascrivibile ad un insieme
di fattori che vanno dalla stimolazione -adrenergica (au-
mento del tono vascolare e della pressione arteriosa), all’iper-
coagulabilità ematica e all’iperreattività piastrinica. Gli even-
ti che si associano ad un aumento della stimolazione simpati-
ca con conseguente vasocostrizione, quale uno stress emoti-
vo o fisico, possono anch’essi innescare i fenomeni di rottura
di placca e di trombosi coronarica
10
.
La necrosi miocardica causata dall’occlusione completa di
un’arteria coronaria inizia a svilupparsi dopo 15-30 min di
ischemia grave (assenza di flusso anterogrado o collaterale) e
progredisce dal subendocardio al subepicardio in maniera
tempo-dipendente (“fenomeno del fronte d’onda”). Una ri-
perfusione che comprenda l’arruolamento dei vasi collaterali
può salvare il miocardio a rischio di necrosi, mentre un flusso
ridotto ma persistente può prolungare il tempo-finestra di-
sponibile per il salvataggio del tessuto miocardico.
La risposta trombotica alla rottura di placca è un fenome-
no dinamico: la trombosi e la trombolisi, spesso associate a va-
sospasmo, si verificano simultaneamente, causando un’ostru-
zione intermittente al flusso ed un’embolizzazione distale
11
.
La mancata regressione di una placca matura (riendotelizza-
zione incompleta) e la formazione di trombi rivestono un ruo-
lo importante nell’insorgenza di trombosi occlusiva improvvi-
sa. Circa il 25-30% dei pazienti sottoposti a procedura corona-
rica percutanea (PCI) primaria presentano un’arteria correla-
ta all’infarto pervia all’esame angiografico iniziale
12
, presumi-
bilmente per effetto di un meccanismo di lisi spontanea o en-
dogena.
Sia le piastrine che la fibrina appaiono implicate nell’evo-
luzione di un trombo coronarico persistente. Se da un lato l’a-
desione e l’aggregazione piastrinica attivano la formazione
di trombi murali, dall’altro la fibrina risulta importante nella
successiva stabilizzazione del trombo piastrinico precoce e
fragile.
3. Storia naturale dell’infarto miocardico
con sopraslivellamento del tratto ST
È difficile determinare la reale storia naturale dello STEMI
per numerose ragioni: l’evenienza ricorrente di un infarto si-
lente, la frequenza delle morti improvvise al di fuori del con-
testo ospedaliero e le differenti metodiche e definizioni im-
piegate per la diagnosi di tale evento patologico. Studi di co-
munità hanno ampiamente documentato che la mortalità
complessiva dei pazienti con probabile infarto miocardico o
sindrome coronarica acuta si aggira, nel primo mese, intorno
al 50%, e che circa la metà di questi decessi si verifica entro
le prime 2h
13
. Questa elevata mortalità iniziale sembra esser-
si modificata solo di poco negli ultimi anni, contrariamente a
quanto osservato per la mortalità intraospedaliera
14
. Infatti,
rispetto alla mortalità riportata dagli studi di comunità, vi è
stata una notevole riduzione dei casi fatali tra i pazienti ge-
stiti in ospedale. Prima dell’introduzione delle unità corona-
riche negli anni ’60, la mortalità intraospedaliera risultava at-
testata intorno al 25-30%. Una revisione sistematica degli
studi sulla mortalità in era pretrombolitica che risale alla me-
tà degli anni ’80 ha evidenziato una mortalità intraospeda-
liera media del 16% circa. Con la diffusione dell’impiego de-
gli interventi coronarici, dei farmaci fibrinolitici, della terapia
antitrombotica e della prevenzione secondaria, la mortalità
complessiva ad 1 mese è scesa da allora al 4-6%, per lo meno
per quanto riguarda i pazienti inclusi nei trial di ampie di-
mensioni che presentavano i criteri per essere sottoposti a fi-
brinolisi e/o agli interventi coronarici
15,16
. Ciononostante, i
tassi di mortalità riportati nei registri sono sensibilmente più
elevati, lasciando intuire che i pazienti arruolati negli studi
randomizzati
17
sono a rischio più basso rispetto a quelli del
mondo reale.
C. Primo contatto medico e percorso delle cure
d’emergenza
Il trattamento ottimale dello STEMI deve incentrarsi sull’at-
tuazione di un sistema d’emergenza in grado di soprintende-
re ad una rete interospedaliera, costituita da strutture dotate
di capacità tecnologiche differenti e collegate da un efficien-
te servizio di ambulanza (o elicottero) (Figura 1). Le principa-
li caratteristiche di questa rete sono le seguenti: una chiara
definizione delle aree geografiche interessate, l’adozione di
protocolli condivisi basati sulla stratificazione del rischio e sul
trasporto mediante ambulanza (o elicottero) adeguatamen-
te attrezzata ed equipaggiata con personale addestrato. La
logistica di questo tipo di rete sarà discussa nel paragrafo I. Un
sistema regionale ben funzionante che si basi sulla diagnosi
preospedaliera, sul triage e sul trasporto veloce alla struttura
sanitaria più appropriata rappresenta la chiave del successo
del trattamento e si traduce in un miglioramento significati-
vo dell’outcome
18,19
.
Per la scelta della strategia riperfusiva si rimanda alla Fi-
gura 2.
1. Diagnosi iniziale e stratificazione precoce del rischio
Nel caso dei pazienti con dolore toracico acuto alla presenta-
zione, una diagnosi rapida e una stratificazione precoce del
rischio sono importanti per identificare quei soggetti nei
quali un intervento tempestivo può migliorarne l’evoluzione
clinica. D’altro canto, una volta esclusa la diagnosi di STEMI,
Linee guida ESC per il trattamento dei pazienti con STEMI
453
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l’attenzione può essere rivolta ad individuare altre cause car-
diache o extracardiache per i sintomi di presentazione, come
la dissezione aortica, l’embolia polmonare o la pericardite. In
primo luogo, deve essere posta una diagnosi operativa di
STEMI (Tabella 3), generalmente basata sul riscontro di una
storia di dolore/disturbo toracico che dura da almeno 10-20
min (non del tutto responsivo alla nitroglicerina). Talvolta il
dolore può essere localizzato nell’epigastrio o nella regione
interscapolare. Aspetti importanti sono una storia pregressa
di coronaropatia e l’irradiazione del dolore al collo, alla man-
dibola o al braccio sinistro. Il dolore può non essere intenso
e, soprattutto nell’anziano, sono comuni presentazioni diffe-
renti come affaticabilità, dispnea, perdita di coscienza o sin-
cope. Pur non essendoci singoli segni fisici diagnostici di
STEMI, molti pazienti mostrano un’attivazione del sistema
nervoso autonomo (pallore, sudorazione), nonché ipotensio-
ne o una riduzione della pressione differenziale. I segni pos-
sono includere anche un’irregolarità del battito, bradicardia
o tachicardia, un terzo tono cardiaco e rantoli basali. Deve
essere effettuato un ECG quanto prima possibile; anche ne-
gli stadi iniziali, l’ECG è raramente normale. In caso di STEMI
o di blocco di branca sinistra di nuova insorgenza o presunto
tale, deve essere instaurata una terapia riperfusiva e devono
essere intraprese appena possibile le misure atte ad iniziare
tale trattamento. Nelle prime ore, tuttavia, l’ECG può risulta-
re non probativo e, anche nell’evenienza di un infarto accer-
tato, può non evidenziare le caratteristiche tipiche di un so-
praslivellamento del tratto ST o la comparsa di nuove onde
Q. L’esame elettrocardiografico deve essere ripetuto e, quan-
do possibile, l’ultimo ECG deve essere confrontato con le pre-
454
G Ital Cardiol Vol 10 Luglio 2009
Figura 2. Strategie di riperfusione.
PCI = procedura coronarica percutanea. Le frecce spesse indicano la strategia preferenziale.
*
l’intervallo di tempo tra FMC e
gonfiaggio del pallone non deve
superare i 90 min nei pazienti giunti
precocemente allosservazione (<2h
dallinsorgenza dei sintomi), con ampie
aree di miocardio vitale e basso rischio
emorragico
#
se non è possibile eseguire una
PCI entro 2h dal FMC, iniziare la
terapia fibrinolitica il prima
possibile
§
non prima di 3h
dallinizio della terapia
fibrinol
itica
servizio attivo
h24/7 giorni
Primo co ntatto medico (F MC)
PCI di salvataggio
angiografia
§
PCI primaria
Limiti di
tempo
Ospedale con disponibilità di PCI Ambulanza Ospedale senza disponibilità di PCI
24h
12h
2h
PCI eseguibile <2h
*
PCI non eseguibile <2h
#
Fibrinolisi pre-,
intraospedaliera
Fallita Riuscita
Tabella 3. Diagnosi iniziale.
Storia di dolore/disturbo toracico.
Sopraslivellamento persistente del tratto ST o blocco di branca si-
nistra di nuova insorgenza (o presunto tale). È spesso necessaria
l’esecuzione di ECG seriati.
Aumento dei marcatori di necrosi miocardica (creatinchinasi-MB,
troponine). Non bisogna attendere i risultati per iniziare il trat-
tamento riperfusivo.
L’ecocardiografia bidimensionale è utile per escludere un’ischemia
miocardica acuta o altre cause di dolore/disturbo toracico.
Figura 1. Trattamento preospedaliero.
118 = servizio d’emergenza 118; MMG = medico di medicina generale; PCI
= procedura coronarica percutanea; STEMI = infarto miocardico con so-
praslivellamento del tratto ST. Le frecce spesse indicano il percorso da pre-
diligere; le linee tratteggiate indicano il percorso da evitare.
Sintomi suggestivi
di STEMI
Diagnosi
preospedaliera,
triage, cura
118 MMG/cardiologo Presentazione spontanea
Ambulanza
Trasporto privato
Ospedale con
disponibilità di PCI*
Trasferimento
Ospedale senza
disponibilità di PCI
*servizio attivo
h24/7 giorni
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References
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